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- La Scuola di Barbiana - Lettera a una professoressa MIRCrew -


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Descrizione






Lettera a una professoressa

Don Lorenzo Milani e la Scuola di Barbiana


















[SIZE=7]
Autore: Scuola di Barbiana
Titolo: Lettera a una professoressa
Anno: 1976
Lingua: Italiano
Editore: Libreria Editrice Fiorentina
Genere: Pedagogia Educazione
Dimensione: 9 MB
Formato: Pdf Odt Epub Mobi Azw3
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Opera fondamentale della scuola di Barbiana è "Lettera a una professoressa" (maggio 1967)[/color],
in cui i ragazzi della scuola (insieme a Don Milani) denunciavano il sistema scolastico e il metodo
didattico che favoriva l'istruzione delle classi più ricche (i cosiddetti "Pierini&#34, lasciando la piaga
dell'analfabetismo in gran parte del paese. La Lettera a una professoressa fu scritta negli anni
della malattia di don Milani. Pubblicata dopo la sua morte è diventata uno dei moniti del movimento
studentesco del '68. Altre esperienze di scuole popolari sono nate nel corso degli anni basandosi
sull'esperienza di Don Lorenzo e sulla Lettera a una professoressa.

Fu Don Milani ad adottare il motto inglese "I care", letteralmente mi importa, mi interessa, ho a
cuore (in dichiarata contrapposizione al "Me ne frego" fascista), che sarà in seguito fatto proprio
da numerose organizzazioni religiose e politiche. Questa frase scritta su un cartello all'ingresso
riassumeva le finalità educative di una scuola orientata alla presa di coscienza civile e sociale.

Si tardò un po’  a percepire  la carica profetica di quello scritto, che nel breve volgere di qualche
mese, nel pieno della contestazione studentesca,  ne divenne se non il simbolo, certamente tra i
libri più letti ed amati. Quel minuscolo libro, scritto collettivamente da otto ragazzi,  sotto  la  
sapiente  direzione  del  priore,prese  alla sprovvista non solo la Chiesa, la scuola, gli insegnanti,
ma lo stesso mondo accademico legato alla ricerca.



















CITAZIONI:
1 Cara signora, lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti. Io invece ho
ripensato tanto a lei, ai suoi colleghi, a quell'istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che
"respingete". Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate.

2 Un professorone disse: "Lei reverendo non ha studiato pedagogia. Polianski dice che lo sport
è per il ragazzo una necessità fisiopsico..." Parlava senza guardarci. Chi insegna pedagogia
all'Università, i ragazzi non ha bisogno di guardarli. Li sa tutti a mente come noi si sa le tabelline.

3 Insegnando imparavo molte cose. Per esempio ho imparato che il problema degli altri è uguale
al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l'avarizia.

4 Dopo l'istituzione della scuola media di Vicchio arrivarono a Barbiana anche ragazzi di paese.
Tutti bocciati, naturalmente. [...] Consideravano il gioco e le vacanze un diritto, la scuola un
sacrificio. Non avevano mai sentito dire che a scuola si va per imparare e che andarci è un privilegio.

5 Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia la lingua corretta. Le lingue le creano i poveri
e poi seguitano a rinnovarle all'infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla
come loro. O per bocciarlo.

6 Così è stato il nostro primo incontro con voi. Attraverso i ragazzi che non volete. L'abbiamo
visto anche noi che con loro la scuola diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di
levarseli di torno. Ma se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani
e respinge i malati.

7 Meglio passar da pazzi che essere strumento di razzismo.

8 Gli esami vanno aboliti. Ma se li fate, siate almeno leali. Le difficoltà vanno messe in percentuale
di quelle della vita. Se le mettete più frequenti avete la mania del trabocchetto. Come se foste
in guerra coi ragazzi. Chi ve lo fa fare? Il loro bene?
È l'aspetto più sconcertante della vostra scuola: vive fine a se stessa.

9 Per studiare volentieri nelle vostre scuola bisognerebbe essere già arrivisti a 12 anni. A 12 anni
gli arrivisti sono pochi. Tant'è vero che la maggioranza dei vostri ragazzi odia la scuola.
















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